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Lunedì 5 dicembre si parla della drepanocitosi: dal bambino all’adulto

Il Policlinico di Modena
Il Policlinico di Modena

Giovani medici da tutta Italia per il corso di II° livello organizzato l’1-2 dicembre u dall’Oncologia, uno dei centri di riferimento a livello nazionale

La drepanocitosi: dal bambino all’adulto questo il titolo dell’incontro multidisciplinare organizzato lunedì 5 dicembre 2016 presso l’aula B del 6° piano del Policlinico(14,00-18,00) che riunisce Ematologi, Onco-ematologi pediatrici e Internisti per parlare della drepanocitosi, detta anche anemia falciforme - così chiamata perché i globuli rossi assumono una forma che ricorda una falce – una malattia endemica in tutta l’area del mediterraneo. In Italia presente, ancorché rara, in Sicilia, ha visto aumentare la sua incidenza in maniera significativa negli ultimi dieci anni. Obiettivo dell’incontro è fare il punto sulla terapia dei pazienti adolescenti e adulti e vede coinvolte l’Oncoematologia pediatrica, l’Ematologia, la Medicina Interna II, e la dott.ssa Patrizia Comoli, Onco-ematologia Pediatrica, IRCCS Fondazione Policlinico San Matteo Pavia, con lunga esperienza nell’ applicazione del trapianto di midollo osseo alla cura di tale malattia.

Negli ultimi anni i fenomeni di immigrazione, soprattutto dall’Africa e dal Medio ed Estremo Oriente, hanno portato a vivere in Italia molti portatori di questa emoglobinopatia. A Modena, in particolare, si concentra una popolazione di portatori molto elevata al punto che negli ultimi dieci anni, da poche unità di pazienti è stato raggiunto il poco invidiabile primato in Emilia Romagna per popolazione di bambini con drepanocitosi: 77 pazienti, con ogni anno circa una decina di diagnosi nuove. La malattia spesso determina crisi dolorose improvvise che possono ripetersi anche più volte all’anno e richiedere numerose ospedalizzazioni. “I globuli rossi diventano rigidi e quindi «intasano» le vene e le arterie provocando dolori acuti, tali eventi possono capitare più spesso in corso di febbre o infezioni, con il freddo intenso, la disidratazione, gli sforzi intensi. E possono colpire le ossa e i muscoli, ma anche organi interni come polmone, fegato, milza, reni e cervello. Le crisi cerebrali e polmonari, in particolare, sono quelle che possono mettere a rischio la vita del paziente” spiega il dottor Giovanni Palazzi, pediatra del Policlinico di Modena.


Attraverso un semplice prelievo del sangue– aggiunge la dottoressa Monica Cellini, referente dell’Oncoematologia pediatrica del Policlinico- chiunque può sapere se è portatore di questa emoglobinopatia. Facendo il prelievo alle mamme possiamo sapere se sono portatrici, e quindi indirizzarci a consigliare al partner il medesimo esame. Se tutti e due sono portatori, proporre che sia fatta una diagnosi prenatale al bambino o che sia fatta diagnosi mediante l’analisi del sangue del cordone ombelicale al momento della nascita. In questo modo possiamo sapere entro pochi giorni dalla nascita se il bambino è sano, malato o portatore. Senza diagnosi precoce la prima crisi, che può essere anche grave, coglierebbe impreparati i medici e le famiglie”. L’indagine è svolta dal Servizio Immunotrasfusionale del Policlinico, unico presente sul territorio provinciale. Essere portatori non significa essere malati, ma se due portatori si incontrano hanno il 25% di possibilità che nasca un figlio con la malattia, ma il 25% che ne nasca uno perfettamente sano e il 50% che ne nasca uno portatore esattamente come i genitori. In questo modo abbiamo fatto diagnosi di malattia drepanocitica a otto bambini.
La drepanocitosi è una patologia che si manifesta in età pediatrica e accompagna il paziente durante tutta la vita. Per questo motivo è utile il confronto tra pediatri e medici dell’adulto al fine di una gestione complessiva della patologia. “Un vecchio farmaco, l’idrossiurea rimane lo standard della terapia medica, ma recenti progressi di ricerca fisiopatologica, specie immunologica, stanno ponendo le basi per studi clinici volti alla sperimentazione di nuovi farmaci. Ad oggi il trapianto di midollo osseo da donatore HLA identico, rimane l’unica opzione di cura definitiva, ma, in considerazione della limitata disponibilità di donatori con tali caratteristiche, sono in corso di sperimentazione procedure trapiantologiche da donatore alternativo. In futuro, la terapia genica potrebbe consentire una svolta terapeutica importante” commenta il prof. Mario Luppi, Direttore dell’Ematologia del Policlinico.

La drepanocitosi è una patologia che produce complicanze a lungo termine. Particolarmente critico, come per altre malattie rare, risulta il passaggio dall’adolescenza all’età adulta anche per la possibile comparsa di problematiche e quadri clinici diversi da quelli che si osservano nell’infanzia. “Negli ultimi anni  abbiamo dovuto confrontarci con un numero sempre crescente di pazienti con drepanocitosi, sia nella fase delle complicanze acute che nella cronicità: adolescenti e adulti, ciascuno con una storia diversa che abbiamo dovuto imparare a conoscere e a gestire nei diversi risvolti clinici “dice la dott.ssa Francesca Ferrara, della Medicina Interna 2, referente internistica del Policlinico per le anemie ereditarie “Per noi questa patologia, pressoché sconosciuta fino a pochi anni fa, rappresenta una sfida quotidiana per la complessità degli interventi che richiede”. Il numero di pazienti adulti con drepanocitosi e complicanze internistiche seguiti dall’ambulatorio della Medicina Interna 2 così come quello dei pazienti ricoverati in reparto è in progressivo incremento in relazione ai flussi migratori e al miglioramento dell’aspettativa di vita. Il prof.Antonello Pietrangelo, Direttore della Medicina Interna 2, sottolinea:“abbiamo lavorato negli ultimi anni e continueremo a farlo per migliorare la gestione di questi pazienti, nell’ambito del nostro impegno sulle malattie rare; la drepanocitosi infatti è uno degli esempi più rilevanti di patologia rara per la quale è richiesto un approccio multidisciplinare: in tale ottica, abbiamo individuato e reso operativi percorsi aziendali dedicati che verranno ottimizzati e sistematizzati da un apposito PTDA, abbiamo organizzato eventi di formazione intra e inter-aziendali e promosso attività di ricerca, in collaborazione con le altre figure professionali chiamate a gestire questa patologia”.

 
 
 
 
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