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Policlinico NewsLetter. Anno 1 n. 0

Augusto Bonola: ortopedico, chirurgo della mano, esploratore

Augusto Bonola
Augusto Bonola

Inauguriamo la nostra rubrica sul “Policlinico di una volta” con la figura di  Augusto Bonola (Bologna 1906-Modena 1976) fondatore della grande scuola di Ortopedia, Traumatologia e Chirurgia della Mano. Bonola giunse a Modena nell’Anno Accademico 1945-1946, proveniente dagli Istituti Ortopedici Rizzoli, dove era stato allievo del prof. Putti e Aiuto del prof. Delitala, i padri dell’ortopedia italiana. Direttore dell’Ortopedia e Traumatologia modenese dal 1945 al 1976, Bonola fu cofondatore della Società Italiana di Chirurgia della Mano (1959) della quale “inventò” l’emblema, ispirato proprio alla Mano patente degli Istituti Ospedalieri di Modena. Apparteneva a una generazione di ortopedici, provenienti dalla Chirurgia Generale, formatisi senza l’ausilio delle moderne tecnologie diagnostiche. Era, quindi, in grado di intuire la patologia che affliggeva un’articolazione in base alla sola sintomatologia clinica e anche al rumore che faceva e per questo i suoi allievi lo chiamavano “Fonola”, con un gioco di parole che faceva riferimento al marchio di radio “Phonola”. Si era anche interessato alla chirurgia ricostruttiva, appassionandosi a temi come la ricostruzione della mandibola o la cura chirurgica della Sindrome di Klippel-Feil, volgarmente detta “degli uomini senza collo” che si caratterizza per la fusione delle vertebre cervicali.  Bonola era un uomo dalle intuizioni geniali e un personaggio dalle numerose sfaccettature. Come il suo maestro Putti, era un grande esperto d’arte e aveva notevoli doti di disegnatore. Grande sportivo, partecipò nel 1929 alla seconda spedizione di ricerca dei superstiti del Dirigibile Italia, precipitato sul pack nei pressi delle Isole Svalbard il 25 maggio del 1928. Di questa spedizione – guidata da Gianni Albertini – esiste uno stupendo filmato, rimasterizzato e montato da Roberto Adani e Tommaso Lupino e trasmesso a beneficio degli studenti in occasione dell’ultima edizione del corso di aggiornamento “A. Bonola” tenutosi al Policlinico nel 2007 per il centenario della nascita. Bonola partecipò alla missione appena ventitreenne. La missione costata 1.012.448 lire, venne sollecitata da Lucia Pontremoli, madre di uno degli esploratori dispersi, sostenuta dalle donazioni di tanti privati tra cui spiccano i nomi  del Duce e del Pontefice. Si tratta dell’ultima grande esplorazione artica di tipo pioneristico che, come novità, montava per la prima volta una radio sulla slitta. Con Bonola parteciparono, oltre ad Albertini, l’Avv. Pietro Zanetti (30 anni, comandante in seconda), l’Ing. Marco Urbano (25 anni metereologo), il dottor Achille Peroni (25 anni, medico di bordo), Franco Pugliese (27 anni, radiotelegrafista), Alberto della Valle (40 anni, operatore fotocinematografico), Giulio Quedoz (23, cuoco). La spedizione partì da Bergen il 15 maggio su una baleniera norvegese e iniziò la sua traversata il 26 da Baia Del Re nelle Isole Svalbard, ripercorrendo la strada fatta dallo stesso Albertini nel ’28 nel corso della prima spedizione di recupero. Gli italiani raggiunsero Capo Leigh Smith e poi Capo Mohn dove dal 26 al 29 giugno vennero sorpresi da una bufera di neve che decimò la muta dei cani. Gli esploratori restarono prigionieri sotto la tenda a -60° per 70 ore. Per 12 giorni il gruppo avanzò in una tormenta di neve fino a raggiungere il 10 luglio la nave, ormeggiata a Capo Selander. Durante il viaggio di ritorno la baleniera venne bloccata dai ghiacci sull’isola di Edge dove Giulio Quinoz trovò la morte durante una battuta di caccia. Solo alla fine di agosto il gruppo poté ripartire verso casa. Non stupisce che la tesi di laurea di Bonola, dopo una simile esperienza, trattasse Le alterazioni da freddo delle arterie e delle vene dopo simpaticectomia chimica e chirurgica La tesi è dell’anno accademico 1932-1933 (cfr.  http://www.archiviostorico.unibo.it).
La spedizione fallì ma rende bene l’idea dello spirito dell’epoca tanto che, nel perfetto spirito degli ultimi pionieri, si preoccupò  anche degli aspetti naturalistici; nel 1931 un numero del Bollettino di Zoologia diede molto spazio ai Materiali biologici raccolti nello Svalbard Nord-Orientale dalla spedizione Allbertini. Questo dossier è aperto proprio da un articolo di Augusto Bonola che spiega le difficoltà nella ricerca zoologica incontrate dalla missione, a causa dell’inadeguatezza del materiale e della rapidità di marcia. Ciononostante Bonola e gli altri ritrovarono diverse specie animali. Un insetto della famiglia dei ditteri chironomidi osservato al largo dell’Isola di Edgeoya venne classificato nel 1931 da M. Goetghebuer come nuova specie col nome scientifico di  Orthocladius Bonolai(AAVV, Materiali zoologici raccolti dalla spedizione Albertini nello Svalbard Nord-Orientale, in Bollettino di Zoologia pubblicato dall’Unione Zoologica Italiana, Anno II, Vol. II, Napoli 1931, pp. 125-149.). L’insetto, lungo 4 millimetri, aveva testa, addome e torace neri, i pendoli di un bianco giallastro e le zampe brune. La specie, in verità, è oggi un nomen dubium  vale a dire una specie dallo status incerto, che non è attualmente considerato  come una specie valida in quanto la descrizione originale non è sufficiente per  essere riconosciuta e inserita in un genere moderno.

 

Gabriele Sorrentino

 
 
 
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