Azienda Ospedaliera-Universitaria di Modena
 
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Conosciamo meglio il deficit ereditario di Alfa1

Il 12 novembre scorso al Policlinico si sono riuniti i maggiori esperti

Conosciamo meglio il Deficit ereditario di Alfa1

Si chiama Deficit ereditario di Alfa-1-antitripsina, ed è una condizione genetica, e quindi ereditaria, per cui una proteina importante per la integrità di polmoni e fegato, l’Alfa1- Antitripsina, è prodotta in quantità insufficiente. In Italia si stima che siano oltre 10mila i potenziali portatori di deficit di alfa-1-antitripsina (AATD), di cui circa 3mila affetti da una forma trattabile con una terapia specifica, e che meno di 1 persona su 10 sia stata diagnosticata. In pazienti con AATD la protezione necessaria viene a mancare o è insufficiente per cui il rischio di malattia respiratoria (enfisema polmonare) o epatica aumenta in base alle combinazioni determinate dall’assetto genetico. Nelle forme polmonari gravi e avanzate cresce la possibilità che si instauri una condizione di insufficienza respiratoria cronica. Nella nostra realtà provinciale i casi seguiti sono poco rintracciabili e non riferiti ad un centro unico. AATD è una condizione associata a una ridotta produzione nel fegato, o per meglio dire una anomala produzione e funzione, e rilascio sistemico della proteina che nell’uomo svolge un ruolo di equilibratrice nei processi di degradazione tissutale, specie in alcuni distretti. Questa malattia geneticamente determinata ha numerosissime varianti anche di raro riscontro e, nelle espressioni fenotipiche più gravi, determina due principali  conseguenze nell’età adulta che riguardano la malattia polmonare (enfisema) non collegata ad altre cause dominanti e il danno della funzione epatica che può condurre fino alla cirrosi. Per quanto la diagnosi precoce (su base del rischio genetico familiare) o sospetta si possa effettuare anche nel periodo perinatale, in età pediatrica gli effetti patologici sono limitati anche se ovviamente vanno riconosciuti e quindi seguiti nel tempo. La cura consiste in un trattamento sostitutivo, con somministrazione a vita della proteina carente per via esterna, specie nelle forme patologiche avanzate polmonari. Per fare il punto su questa patologia ancora poco conosciuta, sabato 12 novembre si è svolta al Centro Servizi Didattici dell’ospedale Policlinico di Modena un incontro scientifico, promosso dall’Azienda Ospedaliero - Universitaria di Modena, con il patrocinio dell’Azienda USL e dell’Ordine dei Medici Chirurghi di Modena e Provincia, di UniMORE, dell’Assessorato della Salute della Regione Emilia-Romagna e dell'Associazione Nazionale dei pazienti con Deficit A1AT.

Obiettivo dell’incontro – spiegano il prof. Enrico Clini, Direttore delle Malattie dell’Apparato Respiratorio e docente UNIMORE, il prof. Antonio Colecchia, Direttore della Gastroenterologia e docente UNIMORE e il prof. Lorenzo Iughetti, Direttore della Pediatria e docente UNIMORE - è stato quello di portare in aula gli esperti medici specialisti nelle branche che si interessano abitualmente della gestione dei pazienti, quindi pneumologi, gastroenterologi e pediatri, insieme ai rappresentanti dei MMG nel nostro territorio, alla associazione dei malati, e ai malati stessi che hanno avuto un proprio spazio per rappresentare i problemi di una convivenza consapevole con una malattia subdola e potenzialmente pericolosa, oltre che ereditaria”. Presso l’Azienda Ospedaliero – Universitaria sono attive strutture ambulatoriali - quali il Centro MaRP (dott.ssa Stefania Cerri), l’ambulatorio di gastroenterologia (prof. Filippo Schepis) e quello di pediatria(dott.ssa Anna Rita Di Biase e dott.ssa Barbara Bergamini), che agevolano la presa in carico di questi malati. Inoltre, l’Azienda ha una forte tradizione di ricerca sulle malattie rare epatologiche anche grazie alla lunga tradizione che oggi ha trovato una nuova collocazione nel Centro di Ricerca Malattie Rare “Mario Coppo” (CeRMaR) che è diretto dal prof. Antonello Pietrangelo, Direttore della Medicina Interna del Policlinico e docente UNIMORE. Ordinario di Medicina Interna ed esperto di livello internazionale nella materia. Nel corso dell’incontro, che ha registrato il successo di una aula interamente occupata dai partecipanti, si è quindi discusso di questi temi e si sono poste le basi per la attivazione di un futuro percorso clinico e di ricerca traslazionale avanzata nel panorama sanitario modenese, forse anche un modello utile in una ottica di pianificazione nella politica sanitaria della regione ER, a superamento degli attuale riconoscimenti di competenza: a tale riguardo è stata molto gradita e apprezzata la partecipazione del Dott. Matteo Volta, referente per le Malattie rare presso Regione Emilia Romagna. Visto dalla parte dei pazienti, l’incontro è stato particolarmente utile per osservare il Deficit A1AT da un diverso punto di vista. La Sig.ra Nuccia Gatta, Presidente della Associazione Nazionale A1AT, ha delineato in particolare i numerosi problemi del riconoscimento e del finanziamento di alcuni fabbisogni, tipo la domiciliazione delle cure, per quei pazienti che possono assumere farmaci sostitutivi della proteina carente e quindi prevenire o limitare i danni d’organo. Il Sig. Pierfrancesco Vacca, storico paziente di Parma che di tali cure trae vantaggio, ha riassunto come un paziente si pone di fronte a una diagnosi genetica e clinica di malattia da deficit A1AT e di come spesso esistano casi che, prima ancora di ammalarsi o di venire trattati per prevenirla, non hanno supporto adeguato di conoscenza e consapevolezza indispensabile per la gestione e autogestione della patologia.

In sintesi - ha concluso il prof. Clini – un incontro molto interessante fra scienza e realtà, un piccolo seme gettato nel terreno della buona volontà anche delle istituzioni affinché germogli per portare i suoi frutti e soprattutto per “donare una casa” a tutti quei pazienti che nel nostro territorio fanno ancora fatica ad avere una risposta. L’obiettivo da proseguire è quello di un coordinamento delle diverse strutture che si occupano di questa patologia nell’ottica di fornire una risposta integrata al paziente”.

 
 
 
 
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