Azienda Ospedaliera-Universitaria di Modena
 
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Quando gli occhi si ammalano a causa della tiroide: l’Endocrinologia Ausl mette in rete gli specialisti per offrire un percorso unico di diagnosi e cura

AOU e AUSL insieme in un ambulatorio interdisciplinare interaziendale

Specialisti in rete per curare l’orbitopatia tiroidea, patologia oculare correlata alle malattie tiroidee di origine autoimmune, in particolare la malattia di Graves-Basedow, che può avere tra i suoi effetti la sporgenza di uno o entrambi gli occhi.
A mettere a sistema un percorso unico per la diagnosi e cura di questa patologia è stata la struttura complessa di Endocrinologia dell’Azienda USL di Modena, diretta dal professor Giampaolo Papi, che ha coinvolto professionisti di diverse specialità, anche dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, per fornire al paziente una risposta unica nelle varie fasi, con una presa in carico globale. Grazie a questo approccio è stato avviato all’Ospedale Ramazzini di Carpi l’ambulatorio multidisciplinare interaziendale dell’orbitopatia tiroidea, che coinvolge in modo integrato endocrinologo, oftalmologo, ortottista, neuroradiologo, otorinolaringoiatra, radiologo, chirurgo maxillo-facciale e chirurgo plastico. In particolare, sono diversi i reparti e i servizi coinvolti nell’attività dell’ambulatorio, afferenti sia all’Azienda USL di Modena, tra cui, oltre all’Endocrinologia, l’Oftalmologia diretta dal dottor Alessandro Cenatiempo, la Radiologia di Area Nord (dottor Raffaele Sansone), e l’Otorinolaringoiatria (dottor Sauro Tassi), sia all’Azienda Ospedaliero-Universitaria, come la Neuroradiologia diretta dal dottor Stefano Vallone, la Chirurgia Cranio Maxillo Facciale (professor Luigi Chiarini), e la Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica (professor Giorgio De Santis).
Tra le finalità dell’ambulatorio la programmazione della terapia medica in regime di Day Service, l’attivazione di consulenze e percorsi chirurgici e la gestione del follow up.
Per la complessità delle manifestazioni cliniche – spiega il prof. Papi –, l’approccio al paziente con orbitopatia tiroidea deve essere necessariamente multidisciplinare, con la presenza di figure professionali dedicate e altamente specializzate. È questo il setting ideale nel quale svolgere la discussione dei singoli casi clinici e condividere le eventuali indicazioni chirurgiche, attraverso il coinvolgimento integrato di diversi specialisti”.
La condivisione tra professionisti, anche di aziende diverse, con l’obiettivo comune di rispondere alle esigenze dei pazienti semplificando i percorsi di diagnosi e di cura, è il valore aggiunto che caratterizza il servizio sanitario pubblico – sottolinea Anna Maria Petrini, Direttrice generale dell’Azienda USL di Modena –. L’avvio di questo ambulatorio è esemplificativo di una collaborazione virtuosa che esiste a ogni livello e va nell’unica direzione di offrire ai cittadini la migliore risposta possibile ai bisogni di salute”.
L’orbitopatia  tiroidea, anche conosciuta come orbitopatia od oftalmopatia di Graves-Basedow, interessa circa il 40% dei pazienti con malattia di Graves-Basedow. La forma di grado moderato-severo e quella con compromissione della vista si manifestano rispettivamente nel 6% e nello 0,5% dei pazienti affetti da malattia di Graves-Basedow. Nel 2022 sono stati visitati presso l’Ospedale di Carpi 110 pazienti affetti da orbitopatia tiroidea: in 15 casi con malattia moderata-severa, è stata necessaria la presa in carico con attivazione dei servizi di Day Service Endocrinologico per la somministrazione di terapie specifiche.
L’orbitopatia tiroidea origina dall’infiammazione che colpisce il tessuto connettivo presente dentro e intorno ai muscoli extraoculari, il grasso periorbitario e, meno frequentemente, le ghiandole lacrimali di alcuni pazienti con malattia di Graves-Basedow. Dal punto di visto clinico, il risultato evidente è la sporgenza di uno o di entrambi gli occhi rispetto all’orbita
(“esoftalmo” o “proptosi”), frequentemente associata a rossore e gonfiore degli occhi. Nei casi più lievi, l’orbitopatia tiroidea non determina sintomi di rilievo né alterazioni della qualità di vita del paziente. In altri casi, invece, l’aspetto del paziente può essere modificato in modo significativo, causando problemi estetici spesso mal tollerati. Frequenti sono anche le alterazioni dei movimenti oculari e la conseguente diplopia (visione doppia).
Nei casi più gravi, si può arrivare alla compromissione della vista, per il danneggiamento della cornea o per l’interessamento del nervo ottico. Il trattamento differisce a seconda della
gravità della malattia. Quando è di grado lieve in fase attiva, si ricorre a un trattamento locale con lacrime artificiali e di supplementi di selenio. La terapia delle forme di grado moderato-severo in fase attiva si basa sull’impiego di cortisonici o di anticorpi monoclonali. Talora, nei casi più gravi - soprattutto nei pazienti con neuropatia ottica e compromissione della vista -, è necessario intervenire con cicli di radioterapia e terapia chirurgica decompressiva. Infine, in alcuni pazienti con orbitopatia in fase inattiva, possono rendersi necessari interventi di chirurgia riabilitativa, mirati alla correzione della diplopia, alla rimozione del grasso orbitario, alla riduzione dell’esoftalmo e alla correzione della retrazione palpebrale.

Giorgio De SantisLuigi ChiariniStefano ValloneStaff ambulatorio di Carpi
 
 
 
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