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Policlinico NewsLetter. Anno 2 n. 5

NEWS - La scuola medica di Mario Coppo

Mario Coppo
Mario Coppo

Mario Coppo (Belluno 1908 – Modena 1999) giuse a Modena nel 1947, proveniente da Roma, alla Patologia Medica. Dal 1951 al 1978 guidò la Clinica Medica. È stato uno dei più grandi Clinici Medici che l’Italia abbia mai avuto. Allievo della Clinica Medica dell’Università di Padova diretta dal prof. Cesare Frugoni, nell’ultimo anno di corso (1931) seguì il suo maestro chiamato dalla Facoltà Medica di Roma. Conseguita la laurea nel 1932, vinse borse di studio che gli consentirono il perfezionamento all’estero. Trascorse gli anni successivi a Parigi sotto la direzione di Lecomte du Nouy e di Carnot, e a Strasburgo nell’Istituto di Fisica Biologica diretto da F. Vels. Rientrato a Roma conseguì le libere docenze in Chimica Biologica nel 1937 e in patologia Medica e Metodologia Clinica nel 1938. Dopo aver combattuto nella Seconda guerra mondiale, nel 1946 risultò primo dei ternati nel concorso di Patologia Medica a Cagliari, optando però per Modena dove fu prima Professore Ordinario di Patologia Medica e poi dal 1951 direttore della Clinica Medica (dove sostituì il prof. Alessandro Dalla Volta) sino al 1978, quando andò in pensione. Ha avuto tre figli, dei quali solo il maschio ha fatto il medico, ma non ha lavorato a Modena

 

In Clinica Medica implementò il Centro di Selezione e Assistenza per il Nord Italia delle lavoratrici delle risaie (profilassi e terapia dell’infezione spirochetosica) dell’allora Alto Commissariato per la Sanità; potenziò anche il Centro Antidiabetico e l’Epidemiologia della Cardiopatia Ischemico-infartuale in relazione alle consuetudini alimentari e iperdislipidemie.

Nel Nuovo Policlinico, la Clinica Medica era una struttura mastodontica da 180 letti dove si curavano diverse patologie internistiche ma che, soprattutto, era famosa a livello mondiale per il fegato, campo nel quale Mario Coppo era considerato un luminare al pari dell’americano Hans Popper.
Non a caso, il primo convegno internazionale al Policlinico, nel settembre 1963, venne organizzato proprio dalla Clinica Medica, sul diabete, uno degli argomenti ai quali il prof. Coppo aveva dedicato la sua scuola.
Il prof. Leonardo Piccagliani, chirurgo ora in pensione del Policlinico, mi ha raccontato un aneddoto che rende bene l’importanza a livello nazionale di Mario Coppo “Ricordo un paziente napoletano che si fece ricoverare al Pronto Soccorso con dolori addominali dichiarando che, passando da Modena per caso, sapendo che a Modena c’era Coppo (chiamato erroneamente prof Coppola), aveva pensato di farsi ricoverare. Questo dà la misura della sua caratura nazionale in un'epoca dove non esistevano i mezzi di comunicazione attuali”.


Violinista di livello quasi professionale, dotato di grande cultura generale, coltissimo in medicina, curioso di fenomeni biologici (la sua prima Libera Docenza era stata in Biochimica), affascinato dalle discipline morfologiche, era un clinico insuperabile. Nel 1994 Mario Coppo, assieme ai suoi allievi Carmen Vandelli ed Ezio Ventura fondarono l’Associazione per lo Studio delle Patologie Infettive e Metaboliche del Fegato (ASPImF), una ONLUS con lo scopo di raccogliere fondi per la ricerca che dal 2010 è intitolata allo stesso Coppo.

Dai racconti dei suoi allievi, in seguito divenute figure importanti della sanità, non solo modenese, emerge la figura di un grande medico, un uomo rigoroso e di forti principi. “La vita di reparto era scandita da orari precisissimi, che si potevano sgarrare di pochi minuti. Alle 8,50 di mattina c’era il briefing con gli aiuti anziani, alle 9,00 cominciava il giro del reparto che durava sino alle 11,00. Anche le visite erano scandite da tempi fissati meticolosamente. Dieci minuti per l’anamnesi, dieci per la visita, dieci per le conclusioni. Questa meticolosità si ritrovava anche nelle sue orazioni in pubblico dove la grande capacità di Coppo era figlia di ore e ore passate a ripetere la lezione. Nulla era lasciato al caso”. Così ha rivelato il professor Federico Manenti (direttore della Gastroenterologia, scomparso nel luglio 2016) nel suo intervento al Convegno sulle scuole mediche del gennaio 2011 all’Accademia di Lettere, Scienze e Arti.

Il professor Maurizo Ponz de Leon (Preside della Facoltà di Medicina dal 1999 al 2002 e Direttore della Medicina I dal 2000), giunse a Modena da Messina nel 1971, come studente del sesto anno; restò ammaliato da Coppo, col quale si laureò e lavorò fino al 1978. “Il Professor Coppo spiccava per cose che ci aspetteremmo come normali ma che, purtroppo, spesso non lo sono. Era un uomo di una grandissima onestà intellettuale, un uomo tutto di un pezzo. Pensi che quando andò in pensione restituì il cartellino di permesso per poter posteggiare al Policlinico, e, quando l’impiegato gli disse che poteva tenerlo nel caso volesse tornare in ospedale, lui rispose che non era più dipendente dell’ospedale e non aveva motivo di tornare: questo, in un ambiente di persone restie a lasciare la poltrona che occupano, dà la misura di che uomo fosse Coppo”. Per Coppo il giro in reparto, e quindi la visita al malato, rappresentava un momento culturale di estrema importanza.

Anche la professoressa Carmen Vandelli (ora in Medicina I) considera Mario Coppo come un modello di vita. “Mario Coppo era il clinico per eccellenza. Avevamo un’aula da oltre cento studenti, che occupava il IV e il V piano e lui riusciva a mantenere desta l’attenzione per tutta la lezione. Portava, col suo consenso, il malato in aula, in modo che gli studenti potessero capire da subito che è il malato al centro della nostra professione. Anni prima che questa pratica venisse disposta per legge, lui voleva che tutti noi avessimo un cartellino distintivo col nome e la qualifica, perché il paziente e i parenti dovevano sapere chi stava occupandosi di loro. Ricordo che una mattina di Natale lui fece gli auguri a tutti. Una volta uscito e cambiato, realizzò di aver dimenticato il Capo Sala. Tornò in reparto senza camice e un parente gli chiuse la porta in faccia, facendo passare me che ero in camice. Coppo, invece che arrabbiarsi, disse: <Ha ragione, io non ero riconoscibile>”.

 Mario Coppo sviluppò a Modena la ricerca sulle malattie del fegato, praticamente da tutte le angolazioni possibili. Fu membro della Commissione ministeriale per la lotta all’epatite virale e nel 1966: Modena, insieme a Genova, Milano, Padova, Roma, Napoli e Palermo era a quei tempi Centro per lo studio e controllo di questa patologia che nel 1965 aveva colpito 23.377 persone in Italia. Il Centro Modenese aveva competenza sull’Emilia Romagna e sulla Toscana e aveva il compito di esaminare i dati, studiarli, fornire indicazioni terapeutiche, dare suggerimenti sull’assistenza. Quello del Policlinico, insomma, era certamente uno dei sei-sette centri di riferimento nazionale per la cura di questa patologia epatica.

Non è possibile riassumere in poche righe tutti i contributi di Mario Coppo e della sua scuola alla sanità modenese. Sviluppò lo studio del fegato e non a caso il Policlinico è ancora oggi un ospedale di riferimento a livello regionale per la diagnosi e la cura di queste patologie. Il prof. Ezio Ventura, allievo di Coppo, approfondì questi studi in Semeiotica Medica (l’attuale Medicina II), integrandolo con i suoi approfondimenti relative malattie eredo-metaboliche quali le epatiti virus-correlate. Ventura aveva sviluppato importanti studi sull’emocromatosi (una malattia genetica provocata da un innaturale accumulo del ferro nel fegato) e le porfirinopatie, cioè un gruppo di malattie rare dovute all’alterazione di un enzima del sangue che causa l’accumulo di porfirine (pigmenti rosso porpora) nell’organismo. Tutto questo filone è tutt’ora portato avanti in Medicina II, dai suoi successori, guidati dal prof. Antonello Pietrangelo.
La diagnosi e la cura dei tumori al colon e all’intestino sono stati portati avanti, tra gli altri, dal prof. Maurizio Ponz de Leon che dal 1983 Ponz de Leon ha iniziato a studiare il tumore al colon retto tramite indagini epidemiologiche e di famigliarità, allo scopo di avviare campagne di screening preventivo, su soggetti a rischio. Si trattava della prima esperienza nella nostra città e di una delle prime a livello nazionale.

Dalla scuola di Coppo gemmarono la Cardiologia (1971, diretta dal prof. Giorgio Mattioli), l’Endocrinologia(1973, prof. Paolo Marrama, allievo del Bruno Bonati), la Gastroenterologia(1978, prof. Federico Manenti), la Geriatria (1969, prof. G. Paolo Vecchi che si trasferì subito all’Ospedale Estense). Sulla geriatria dell’Ospedale Estense un bel ricordo è quello di Sirte Sgarbi – storica caposala del Policlinico – che vi ha lavorato dal 1973 al 1977. “Il primario era la prof.ssa Innocenti che guidava una Renault Dauphine rumorosissima. Di notte non c’era il medico di guardia, ma un reperibile. Quasi sempre arrivava lei, trafelatissima, preoccupandosi sempre di aver tardato troppo. Ha dato tutta la sua vita all’ospedale. Al 1° piano c’erano gli uomini, molti di meno, e il reparto era diretto dal dottor Fizzotti. Vi era poi un altro reparto (circa 50 posti letto) di donne autosufficienti”.


Un fibroscopio del'epoca
Un fibroscopio del'epoca

Tra le numerose intuizioni di Coppo ci fu quelle di investire in una disciplina, l’Endoscopia digestiva, che all’epoca muoveva i primi timidi passi. Negli anni Cinquanta lo stesso Coppo aveva acquistato a sue spese il flexible examining Gastroscope di Schindler, strumento costituito da una porzione rigida prossimale all’obiettivo, di acciaio, e da una porzione flessibile terminale in gomma, in cui erano contenute numerose lenti. Tale strumento a visione laterale consentiva solo l’esplorazione parziale dello stomaco.
Le sue certezze sull’avvenire dell’endoscopia – che allora sembrava destinata all’insuccesso – lo spinsero nel 1964, a far acquistare all’Università il primo fibroscopio gastroduodenale di Basil Hirschowitz a fibre ottiche, annunciato nel 1957 al Meeting dell’American Gastrointestinal Society di Colorado Spring e poi presentato dal suo ideatore sulla rivista Lancet nel 1961. Il Policlinico di Modena, così, fu il primo ospedale italiano ad acquistare un endoscopio a fibre ottiche. Esso ancora consentiva solo la visione laterale, che escludeva la possibilità di vedere l’esofago, ed era soltanto uno strumento diagnostico.
Da quelle intuizioni degli esordi, però, sarebbe nata una disciplina di grande importanza diagnostica e terapeutica.

 

Bibliografia

  • Carlo Mauri, Medicina Interna,in Enrico Cheli (a cura di), La storia della società medico – chirurgica di Modena , Modena, Mucchi, 1988, pp.373-390.
  • Gazzetta di Modena , Oggi in Accademia l’associazione Mario Coppo Onlus, 11.02.2010.
  • Federico Manenti, La Clinica Medica in Scuole Mediche a Modena nella seconda metà del Novecento,a cura di Umberto Torelli, Modena 2011pp. 33
  • Il Corriere della Sera, Modena, morto a 90 anni il clinico Mario Coppo, 26.01.1999.
  • Il Resto del Carlino Modena, Improvvisa morte del prof. Coppo, 26.01.1999.
  • Il Resto del Carlino Modena, Ci ha lasciato un grande maestro, 26.01.1999.
  • Gazzetta dell’Emilia, Il Symposium Internazionale sul diabete riunisce a Modena medici di sedici nazioni, 21.9.1963
  • Ministero della sanità, circolare n. 50 del 28.03.1966, in Camera dei Deputati, IV Legislatura, discussioni, seduta del 1° giugno 1966, pp. 7250-7255. Il testo della circolare è riportato dal Ministro Mariotti nella risposta all’onorevole Bertole che aveva posto un quesito sulle misure prese per fronteggiare l’aumento della diffusione del morbo.

Gabriele Sorrentino
Ufficio Comunicazione

 
 
 
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